Il 15 dicembre scorso, durante la presentazione del suo XI Rapporto, è stata l’occasione per la Cnesc (Conferenza nazionale enti di servizio civile) di rilanciare la campagna per “Dare un futuro al servizio civile”, promossa insieme al Forum del terzo settore e ai circa 8.000 enti operanti sui territori all’interno degli enti della Cnesc. L’appello ha già raccolto quasi 20.000 firme di cittadini (on line e su carta), ma secondo Fabrizio Cavalletti, dell’Ufficio servizio civile di Caritas Italiana, «occorre uno sforzo maggiore per creare una mobilitazione permanente sino a quando il servizio civile non uscirà da questo stato di difficoltà e incertezza che rischia di portarlo all’estinzione».
Due le richieste più importanti avanzate dalla Cnesc alle istituzioni. La prima è una riforma della legge 64/2001 condivisa, che riaffermi il carattere nazionale ed unitario del servizio civile, ed insieme che lo qualifichi dal punto di vista delle sue finalità fondative: la difesa del paese in modo non armato e nonviolento, la costruzione della cittadinanza con i giovani. La seconda è la garanzia di risorse economiche che permettano almeno a 40.000 giovani l’anno di partecipare al servizio civile nazionale. «Si tratta di un numero minimo – precisa Cavalletti – in quanto la Cnesc da sempre ritiene che considerando le domande dei giovani (circa 80.000 l’anno) e degli enti (circa 100.000), si dovrebbe garantire ogni anno ad almeno 60.000 giovani di fare quest’esperienza. Il problema dell’investimento manifesta una difficoltà culturale della politica a cogliere il valore del servizio civile in ordine alle sfide educative che il nostro Paese ha dinanzi. L’educazione dei giovani, e con essi della società civile, alla costruzione del bene comune con ciò che questo significa oggi nella società globalizzata, rappresenta una sfida epocale che la politica dovrebbe cogliere come prioritaria. Se così fosse, allora, l’investimento sul servizio civile assumerebbe un valore infinitamente più alto del suo costo per la collettività e non sarebbe così difficile garantire numeri adeguati».
L’appello sollecita anche le istituzioni e tutti gli attori coinvolti nel servizio civile (enti, giovani…) a ritrovare un confronto costruttivo sulla riforma superando atteggiamenti di contrapposizione e mettendo al centro la qualità del servizio civile per i giovani. «È necessario – conclude Cavalletti – che la riforma porti a un sistema che superi gli attuali conflitti tra stato, regioni ed enti. Il 15 dicembre abbiamo ribadito alcune idee in ordine ai contenuti della riforma che a nostro avviso potrebbero da un a lato qualificare la proposta del Governo e dall’altro aiutare ad uscire dalla polarizzazione delle posizioni sui temi più controversi».Tra le idee proposte: competenze nuove per regioni ed enti locali in relazione alla promozione del servizio civile e alla sua verifica/valutazione nel momento in cui i progetti si realizzano; l’apertura agli immigrati; il contingente minimo; la formazione; l’articolazione della proposta su 5 giorni per 25 ore settimanali; lo status del volontario; la distribuzione territoriale del servizio civile.