E’ difficile parlare della mia esperienza in corso, e riuscire a definire in una sola pagina stampata i miei 10 mesi in terra albanese. Sono partita come volontaria in servizio civile, progetto “Caschi Bianchi” con la Caritas Italiana, il 25 Luglio 2005, ritrovandomi in una realtà a me sconosciuta. Era da molto tempo che desideravo fare un’esperienza di questo tipo. Sentivo dentro di me la spinta di mettere in gioco tutta me stessa, di mettere in pratica tutti quei bei valori che avevo assimilato lungo questi anni della mia vita. Così ho lasciato il mio bel lavoro da infermiera in una Clinica per giungere in Albania.
Sono approdata a Baqel in un villaggio della Zadrima, una pianura del Nord situata tra la zona di Lezha e di Scutari, che raccoglie meno di 500 abitanti dediti alla pastorizia e all’agricoltura, e mi sono adattata quasi subito alla mancanza di condizioni di vita adagiate, sentendomi parte dell’ ambiente che mi circondava e della popolazione indigena.
Il centro presso il quale svolgo il mio servizio è “Ambasciatori di Pace”, una associazione albanese che promuove i valori della pace e dei diritti umani. Il suo scopo principale è la formazione di bambini, adolescenti e giovani albanesi per renderli responsabili ed attivi nella realtà in cui vivono.
Ho sempre creduto nei valori della Pace, della Giustizia, dell’Uguaglianza, del Dialogo, e gli “Ambasciatori di Pace”, con il loro carisma, mi danno la possibiltà di essere una voce di Speranza, un appello contro le incoerenze e le falsità che caratterizzano la società di oggi, ormai egoista ed indifferente.
Sto prendendo coscienza, più che mai, che lavorare in una terra dove l’economia è povera, con un alto livello di disoccupazione e reddito molto basso, non vuol dire importare ricchezze o forti insegnamenti, non vuol dire praticare l`elemosima ed avere compassione.
L’unica strada possibile per andare incontro ad un’altra cultura è l’ACCOGLIENZA, necessaria per vedere nell’altro una risorsa per una crescita comune. Se vogliamo capire veramente “l’altro” dobbiamo iniziare a smettere di credere di avere la verità in tasca; dobbiamo ascoltare e accettare quello che ci appare diverso.
Inizio a comprendere che per concretizzare la condivisione bisogna metterci verso l’altro in atteggiamento di solidarietà, di reciprocità, di scambio, sapendo cogliere quanto c’è di buono in ognuno di noi.
Purtroppo, molto spesso, in Albania la cooperazione ha creato più assistenzialismo, invece che sostenere la crescita e la formazione di persone albanesi valide che si impegnino affinchè la propria terra riesca, un giorno, a camminare senza la dipendenza da un altro paese .
La strada dell’accoglienza reciproca, quella vera senza condizioni e senza fini nascosti, è molto difficile; non è un viaggio a senso unico, ma è un camminare con l’altro e verso l’altro.
Io ho cercato di offrire il mio servizio, portando semplicemente me stessa, e sono certa che, ternando a casa, la grande valigia della mia vita sarà meno vuota e un po più ricca. Questa terra delle Aquile mi è entrata nell`animo, con le sue bellezze e le sue contraddizioni.
L’esperienza, quindi, è stata ed è costruttiva; forse questo lungo e breve anno ha cambiato la mia vita, già mi sento un po’ nuova, diversa e chissà dove mi porterà questo forte vento…
Federica Marson