Un anno del mio tempo, un’ora del mio tempo

Jacopo Berti ha svolto un anno di servizio civile presso le Acli (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) di Trieste. Qui ci racconta la sua esperienza, rifletendo sul valore del suo tempo "donato".

Ancora due settimane, e non dovrò più andare ogni giorno a mettere la mia firma sul foglio ore. E questa sarà l’unica cosa che non mi mancherà del servizio civile. Mi mancheranno invece tutte le persone che ho avuto modo di conoscere, tutte le attività che ho svolto, tutte le strutture in cui sono stato accolto. Perché, per fortuna e purtroppo, il servizio civile dura un anno e, quando la quotidianità che avevi abbandonato iniziando il servizio ribussa alla tua porta, hai la precisa consapevolezza che potrai continuare a vivere solo una piccola parte di ciò che hai fatto nei precedenti dodici mesi : ciò che in questo periodo era stata la tua ordinarietà, diventerà da un giorno all’altro un “tempo bonus” della tua vita, a cui potrai dedicare qualche ora rubata allo studio, al lavoro, a tutto ciò e a tutti coloro che per un anno intero hai messo tra parentesi e a cui tu stesso desideri ritornare.
Questa esperienza che si avvia a conclusione, l’ho vissuta presso e grazie alle ACLI, Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani, della provincia di Trieste. E questa pluralità, che già il nome lascia intuire, è stata uno degli elementi che più fortemente hanno caratterizzato il periodo che ho avuto la fortuna di trascorrere.
Quando risposi al bando e vidi tutte le diverse attività proposte e i diversi obiettivi da raggiungere, pensai che solo una parte mi riguardasse in prima persona e che le restanti fossero da suddividersi tra gli altri volontari. Inizialmente non fui molto contento quando venni a sapere che non mi sarei dedicato ad una sola attività, ma a tre o quattro che nelle finalità erano uniformi ma nella sostanza molto differenti. Ora invece penso che questa sia stata la più grande ricchezza di questo progetto, che ha puntato molto sul carattere formativo ed esperienziale, senza nulla togliere alla serietà e all’efficacia del lavoro.
Il punto comune di tutte le attività, oltre ai giovani e ai giovanissimi a cui erano rivolte (il progetto si chiamava Juvenes 3) è stato, in sostanza, l’atteggiamento di disponibilità, accoglienza ed ascolto che mi era richiesto in ogni realtà incontrata. E la scoperta, in ognuna di queste, di essere io stesso accolto: dalle ACLI, dalla Pastorale Giovanile, dai ragazzi del doposcuola, da quelli della comunità di san Martino al Campo.
Ora che il servizio è quasi concluso, ripenso a tutte le cose che ho fatto e a tutte le ore più significative di questo periodo. In un’ora si possono insegnare i pronomi in inglese, si può accompagnare un disabile psichico a fare una passeggiata che forse altrimenti non farebbe, in un’ora si può cucinare un pranzo per venticinque ragazzini, si può trasformare una scritta in un volantino, sì può, come sto facendo ora, riflettere sulle esperienze vissute e su quanto sia importante il proprio tempo, e darne testimonianza a chi vorrà soffermarsi a leggere.

2 thoughts to “Un anno del mio tempo, un’ora del mio tempo”

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *