25 aprile, la Resistenza nonviolenta di Antonio Giuriolo

Il vicentino Antonio Giuriolo, amico di Aldo Capitini, fu un singolare caso di capo partigiano che pur impegnandosi attivamente nella Resistenza al nazifascismo cercò di vivere anche i suoi ideali nonviolenti. Capitini nel suo testo "Antifascismo tra i giovani" del 1966 lo ricorda così: «Qualcuno stette con i partigiani, perché non aveva dove andare e non voleva staccarsi dall'insieme antifascista, ma non sparò. Antonio, nostro amico, che era stato, nel servizio di leva, alpino, questa volta era con i partigiani, e diceva loro: "Si può vincere anche senza sparare". Fu ucciso mentre soccorreva un compagno ferito».

«Questo raro atteggiamento – prosegue Capitini – era segno che, di contro alla violenza del fascismo, c'era, si, chi contrapponeva una violenza che doveva servire semplicemente a liberare, e non ad opprimere, ma ci fu anche chi intravvide un ulteriore contesto, quello di una società che rifiuta di distruggere gli avversari, e si costruisce mediante il consenso e il dissenso, utilizzando anche le molteplici forme della non cooperazione e della disobbedienza civile, senza violenza. Ma l'idea che fosse possibile liberarsi dal fascismo in questa forma, persistente ed eroica, dicendogli "no", stabilendo più larghe solidarietà popolari, era assolutamente immatura, e soltanto ora, per la conoscenza ed esperienza delle grandi campagne nonviolente, si fa strada nel mondo».

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