Ha ancora senso obiettare?

Alfonso Canale, si è dichiarato obiettore in base alla legge 772/72 e ho svolto il suo servizio civile nella Caritas diocesana di Reggio Calabria-Bova. Dopo la riforma della legge 230/98, secondo la quale è ora possibile rinunciare allo “status” di obiettore, scrive una lettera aperta per riaffermare il valore di questa scelta.

«Sento il dovere e l’esigenza di esternare a voce alta e, quindi obiettare con forza e con rinnovato vigore, alle modifiche apportate alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza.
Sulla “Gazzetta Ufficiale” n. 194, del 22 agosto 2007, è stata pubblicata la legge 2 agosto 2007, n. 130, recante “Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza”. Le mie riflessioni, strettamente personali, riguardano art. 15 comma 7-ter che recita in questo modo: “L’obiettore ammesso al servizio civile, decorsi almeno cinque anni dalla data in cui è stato collocato in congedo secondo le norme previste per il servizio di leva, può rinunziare allo status di obiettore di coscienza presentando apposita dichiarazione irrevocabile presso l’Ufficio Nazionale per il servizio civile, che provvede a darne tempestiva comunicazione alla Direzione generale delle pensioni militari, del collocamento al lavoro dei volontari congedati e della leva di cui all’art1 del decreto legislativo 6 ottobre 2005, n. 216”.
A questo articolo, in coscienza, io obietto nuovamente e vivamente.
Il richiamo al primato della coscienza è affermazione di libertà individuale, ma esige al tempo stesso la coerenza delle scelte: e l’impegno per la pace, per la giustizia, per la solidarietà, per il disarmo, per l’educazione e la promozione della pace non è certamente impegno di 5 anni – ma di tutta la vita.
Non ho intenzione di rinnegare la scelta fatta tanti anni fa, non intendo cancellare le speranze le preoccupazioni che mi hanno fatto crescere e maturare sia dal punto di vista umano, sociale e civile.
Ribadisco appassionatamente l’impegno contro ogni forma di violenza e ogni guerra, ogni sopruso e ingiustizia, in favore del dialogo e della giustizia.
Ho imparato che l’impegno per la pace richiede un cammino lungo, faticoso, fatto di passi che costano, incarnato di onestà, verità, fiducia, rinuncia di sé come dono per gli altri; realizzato attraverso piccoli ma significativi gesti di pace.
Quando ci si trovava a discutere tra i giovani sul tema dell’obiezione di coscienza e del servizio civile, ciò che più frequentemente emergeva era la difficoltà a comprendere quale poteva essere la scelta migliore da fare. Più “vigliacchi” o più “uomini duri”.

Io ho scelto la vita e non la morte
, nella convinzione che il dovere della “difesa della Patria” sancito dalla nostra Costituzione non si esaurisca solo nella difesa armata ma possa essere ugualmente adempiuto attraverso modalità di “difesa sociale” non armata, come affermato anche dalla Corte Costituzionale.
Riconfermo, infine, l’impegno di nonviolenza e di servizio all’uomo – soprattutto agli “ultimi”, agli emarginati – maturato nelle mie opzioni di pace.
Invito tutti i miei amici obiettori, della Calabria ma anche dell’Italia, a prendere (in base alle proprie motivazioni) posizione sull’art 15 comma 7-ter. Siamo chiamati a non vivere con il cuore impolverato ma a testimoniare con forza che obiettare è un valore ed ha un senso».


Alfonso Canale

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