Nei giorni scorsi è stato presentato il bilancio di due anni di attività del Comitato di consulenza istituito dall’Ufficio nazionale del servizio civile con il compito di individuare forme di difesa nonviolente e alternative a quella militare, che coinvolgano i giovani volontari civili. Dell’organismo fanno parte vertici militari, istituzionali e associazioni pacifiste.
Pierluigi Consorti, presidente del Comitato, docente all’Università di Pisa e pacifista, ha confermato nelle dichiarazioni riportate dall’Ansa: "Anche senza armi si può intervenire nei conflitti. Soprattutto prima che esplodano". E non solo all’estero: anche in Italia, ha detto Consorti, i giovani volontari possono essere utilizzati per combattere con gli strumenti della nonviolenza fenomeni come la criminalità, le mafie, e così via.
"Già oggi – ha detto il direttore dell’Ufficio nazionale servizio civile, Massimo Palombi – in alcune zone del Paese, ad esempio nel napoletano, esistono progetti di attività sociale dei volontari, ma si può fare di più, ad esempio indirizzando gli enti a coordinarsi con le forze dell’ordine".
La novità, infatti, sarebbe proprio il coordinamento tra militari e volontari civili, all’estero come in Italia: un aspetto delicato, che vede alcune organizzazioni, come ad esempio la Caritas, fortemente scettiche: loro hanno già fatto esperienza di utilizzo dei volontari in zone "calde", ad esempio con i "caschi bianchi" inviati in Bosnia, ma il rapporto con le forze armate è stato molto limitato.
"C’e’ molto da fare – ha ammesso il ministro Carlo Giovanardi – ma non c’è ragione per cui giovani militari e pacifisti non possano collaborare per la pace e la sicurezza. Questo inizio di dialogo va alimentato".
Per approfondire: