Un articolo di Maurizio Molinari su "La Stampa" racconta del successo in Israele del servizio civile tra i giovani arabi-israeliani. «Nel 2014 – scrive Molinari – in oltre 4.000 si sono iscritti al “servizio civile” che in Israele è alternativo al servizio militare. Si tratta di un aumento del 30% rispetto all’anno precedente. Finora molti clan e famiglie arabo-israeliane impedivano ai giovani di parteciparvi, ma i numeri suggeriscono una trasformazione in corso. La causa della svolta è soprattutto economica: il servizio civile garantisce, a chi lo sceglie, vantaggi finanziari simili a quelli garantiti ai soldati». Istituito nel 2007, il servizio civile israeliano è rivolto ai giovani esonerati dal servizio militare obbligatorio (per i quali non è prevista invece obiezione di coscienza), per questo i primi ad essere coinvolti sono stati proprio i giovani arabo-israeliani e gli studenti di scuole ebraiche ultra-ortodosse che, per motivi opposti, non svolgono la leva obbligatoria. Questo SC è stato però da subito contestato da quanti, soprattutto da parte araba, vi hanno visto “una minaccia per la loro identità” nonchè una forma di “discriminazione” nei confronti degli appartenenti alla cultura arabo palestinese.
«Lo stipendio garantito – ricorda ancora Molinari – è di 200 dollari al mese ma ciò che conta di più è "la possibilità di entrare nella società israeliana", come afferma Sammy Smooha, sociologo dell’Università di Haifa, secondo il quale "sono soprattutto le ragazze araboisraeliane ad essere attirate da queste opzione perché per loro l’alternativa è restare chiuse in casa in attesa del fidanzato che saranno obbligate a sposare". L’aumento delle iscrizioni è dovuta, secondo alcuni studi, all’affermarsi di un pragmatismo assai marcato nelle nuove generazioni».