Francesco Diego Brollo, uno dei quattro Rappresentanti nazionali dei
giovani in servizio civile, risponde alla lettera di Massimo Paolicelli
di ieri ed allarga il dibattito.
Caro Massimo,
mi chiamo Francesco, sono uno dei quattro rappresentanti dei volontari in servizio civile. Mi permetto di scriverti in confidenza e di darti del tu, perché con l’amicizia e la confidenza si basano i corpi di pace, mentre con la formalità e l’ufficialità si basano i corpi militari di guerra.
Ho letto con interesse il tuo intervento su Vita non Proft Online: "2 giugno: Aon a Ferrero, delegazione di giovani in servizio civile" nel quale vengo indirettamente citato.
In particolare condivido – in linea generale – il tuo intervento, ma nel particolare mi sento di esprimere alcune considerazioni – e spero di dare spazio ad un dibattito; io sono contrario all’idea che la Repubblica, fondata sul lavoro e sul ripudio della guerra, venga festeggiata SOLO con una parata militare; sono pure contrario a molte politiche estere che vogliono esportare diritti umani e democrazia con mezzi che li violano entrambi (come una guerra), e pure ad alcune linee di pensiero che vogliono accompagnare l’intervento armato ad interventi di pace gestite da organizzazioni non governative.
Riguardo la tua proposta di ritirare la delegazione, io non mi trovo d’accordo. Sarebbe stato più carino scrivere direttamente a noi rappresentanti e di chiederci di non partecipare. Perché dovremmo veder limitata la nostra possibilità di scelta dall’alto, ricevendo un ritiro da parte del ministro della nostra delegazione – e quindi dell’impossibilità a partecipare?
Certo, io non credo alla parata in sé. Certamente è una forma storica di trionfo – un’evoluzione del trionfo militare dell’antica Roma nel quale i soldati marciavano trionfanti nella città-capitale.
Tuttavia, secondo un principio di democrazia ormai quasi dimenticato, la maggioranza è temperata dalla minoranza. Quindi la minoranza non può – e non deve – essere messa a tacere, ma deve essere adeguatamente presa in considerazione.
Quindi che non si creda, non vuol dire che non si deva dare la possibilità di farla a chi ci crede, e magari, di usarla per dare visibilità a quello che noi crediamo. Per esempio l’essere li presenti, potrebbe essere una buona occasione per dire che ci sono ancora giovani che credono nella possibilità di esportare la democrazia e di diritti senza gli eserciti.
Forse siamo rimasti in pochi, forse i nostri valori sono quelli che hanno più difficoltà ad entrare nelle persone perché i metodi violenti convincono (o sono semplicemente coercitivi con molta efficacia?) la gente più rapidamente che quelli non violenti. Forse l’Italia non crede alla propria costituzione – e quindi scrive che ripudia la guerra e poi la fa.
Certo il rumore, ovvero il nostro malumore, che si solleva ogni anno dietro la manifestazione serve per far arrivare valori positivi a quelle antenne attente e disposte ad ascoltarlo e a dare speranza che questi valori non sono dimenticati a quei vecchi che tanto hanno sofferto per dare all’Italia, e forse anche al mondo, pace e serenità che oggi in parte riesce a godere.
Buona Festa della Repubblica, in pace si intende.
Francesco Diego
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