Sul "Corriere della Sera" è apparsa la riflessione di Franco Bomprezzi sul servizio civile
nazionale, a partire anche del confronto avvenuto a Lucca durante l'edizione 2013 del “Festival
del Volontariato – Villaggio Solidale”. Bomprezzi ricorda come «c’era una volta il servizio
civile, autentica palestra di vita per migliaia di giovani, che sceglievano questa strada spesso
solo con l’obiettivo di evitare la naja, e poi – catapultati all’improvviso in una dimensione
del tutto sconosciuta, quella dell’impegno quotidiano in associazioni di volontariato al
servizio delle persone con disabilità, o degli anziani, o degli emarginati – superato lo
smarrimento iniziale, scoprivano un senso nuovo alla propria esistenza. Terminati i dodici mesi
del servizio, molti di loro non riuscivano più a staccarsi dal Nuovo Mondo, e diventavano prima
volontari, poi, spesso, trovavano nel sociale la premessa di una formazione lavorativa». «C’era
una volta, e quasi non c’è più – prosegue il giornalista – , non solo per la fine del servizio
militare obbligatorio, ma anche perché non ci sono soldi, o i soldi non si trovano, per
finanziare adeguatamente uno dei più importanti laboratori della coesione sociale e della
solidarietà». Poi le conclusioni, in cui Bomprezzi propone in tempi di cambiamento di «ripensare
al significato anche economico e produttivo di una realtà così imponente e diffusa nel nostro
Paese. Senza i volontari coleremmo a picco in pochi mesi. Lo sanno bene gli assessori ai servizi
sociali dei Comuni italiani. E dunque anche questo è Pil, anche questo è patrimonio pubblico da
valorizzare. Magari ripartendo dal servizio civile. Parliamone».