Ferrero: giusto che i ragazzi in sc sfilino il 2 giugno

A margine della conferenza stampa di presentazione della ricerca di Caritas Italiana “La città abbandonata: dove sono e come cambiano le periferie italiane”, avvenuta oggi a Roma, il ministro Paolo Ferrero, interpellato sul servizio civile, ha ribadito l’impegno del Governo a qualificarlo ed allargarlo. “Sulla qualificazione – ha detto il Ministro – ci stiamo lavorando perché i progetti presentati siano effettivamente progetti ‘veri’ e perchè l’uso dei ragazzi e delle ragazze sia utile alla comunità. Dall’altra vorremmo allargare l’esperienza con più risorse in modo che almeno tutti i ragazzi e ragazze che lo chiedano, almeno 100.000 l’anno, possano svolgere il sc”.  Sulla partecipazione anche quest’anno dei giovani in sc alla imminente Festa della Repubblica del 2 giugno Ferrero ha precisato: “Io penso che quella è la Festa della Repubblica così come è istituzionalmente definita e quindi è giusto che il sc, in quanto – diciamo – organo dello Stato, partecipi. Io personalmente non parteciperò alla parata e credo che andrò a visitare un’opera sociale come ho fatto l’anno scorso, perché credo che ci siano tanti modi per onorare la Repubblica, e io non penso che una parata, soprattutto sostanzialmente militare, sia il riassunto di che cos’è la Repubblica. Ma pur tuttavia, finché quella è “la” cerimonia ufficiale è giusto che il sc ci sia e in tal senso ho dato disposizioni”.

Infine, il Ministro è tornato sul tema delle recenti elezioni dei rappresentanti dei volontari e sulla scarsa partecipazione dei giovani al voto: “Evidentemente i meccanismi di rappresentanza non vengono oggi letti come elementi centrali ed è abbastanza chiaro che l’esperienza venga vissuta nel luogo in cui si sta e manchi una dimensione nazionale del sc, se non in pochi casi. Per quanto riguarda la questione dell’identità dei giovani in sc, io penso che la cosa che va evitata sia di rafforzare l’aspetto dello “stipendio” e la propedeuticità al lavoro. Dobbiamo invece qualificarlo e costruire un’identità che forse oggi non c’è. Mentre chi faceva l’obiettore 10 o 20 anni fa aveva un grado di consapevolezza più alto, oggi c’è un’attitudine all’impegno sociale, ma anche sovente legato al ‘particulare’”.

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