Intervista a Davide Drei sul servizio civile

Davide Drei è Presidente della Conferenza nazionale degli enti per il servizio civile (Cnesc), che raggruppa alcuni dei maggiori Enti convenzionati con l'Ufficio Nazionale del servizio civile nazionale. Lo intervistiamo a proposito del “grido di allarme” che hanno lanciato le realtà più piccole, dopo l’uscita delle ultime graduatorie, sia sul nostro blog che nel numero di "Vita" in edicola oggi.

«I problemi che hanno sollevato gli enti più piccoli – ci dice Drei -, di fronte alle ultime graduatorie toccano due questioni, una di merito ed una di fondo. Nel merito direi che non è accettabile pensare di mettere in contrapposizione gli enti tra loro per le loro dimensioni o classi di accreditamento. Se andiamo a vedere i numeri dei grandi enti storici del Terzo settore vediamo che sono in realtà piccole organizzazioni territoriali che hanno deciso di mettersi insieme o utilizzare le loro reti/organizzazioni nazionali, nella volontà di fare sistema. Stare da soli non è in sé un valore, perché si rischia anche l’autoreferenzialità e l’incapacità di dialogo e integrazione con gli altri. Sono solidale con i piccoli enti, ma non rischiamo che questa si trasformi in una "guerra tra poveri"».

E la questione di fondo?
«Direi che stanno venendo al pettine i limiti reali di un modello di sistema. Se andiamo infatti a vedere il presunto successo dei “grandi” enti, questo non è reale, perché ci sono state riduzioni consistenti per tutti. Non c’è un ente “vincente”, bensì un sistema come quello del servizio civile attuale giunto al capolinea, che andava bene cinque anni fa, ma non ora. Il prossimo accreditamento, tra l’altro, non farà che aumentare la domanda e le illusioni dei nuovi enti, perché le risorse programmate per i prossimi anni sono minori delle attuali. Una cosa del genere avrebbe avuto più senso con un sistema nuovo, non in questa fase che necessariamente deve essere di passaggio».

Quali le vostre proposte allora?
«Stiamo aspettando che finalmente parta la discussione della riforma e siamo pronti come Cnesc a discuterla insieme perché è urgente e necessaria per il servizio civile del futuro. Manca però – mi pare -, un discorso di visione ampia del servizio civile per i prossimi 5 o 10 anni, che tenga conto tra l’altro delle “grida di dolore” che arrivano dal territorio. E concludo proprio lanciando un messaggio: non facciamo passare altro tempo e realizziamo in fretta insieme una riforma, diamo una speranza al servizio civile, al Paese, agli enti e soprattutto ai giovani».

2 thoughts to “Intervista a Davide Drei sul servizio civile”

  1. Il 2009 segna un punto cardine per il servizio civile nazionale.
    La mancanza di chiarezza e cioè di una riforma strutturale che si fondi su una qualsiasi scelta di fondo sia questa il cofinanziamento del progetto da parte dell’ente che lo presenta sia questa la partecipazione al fondo delle regioni (che invece oggi attingono dal fondo non solo per le posizioni volontari ma anche per formazione e informazione) sia questa la limitazione degli enti che accedono al servizio civile ai soli enti presenti su tutto il territorio nazionale provoca l’emersione dei peggiori difetti del sistema.
    E’ chiaro e direi matematico che solo i progetti degli enti di 1 classe possano ottenere un punteggio tale da essere finanziati tanto che sugli 80 punti disponibili ben 8 sono riservati ai sistemi accreditati che sono propri solo degli enti di 1 classe e se a questo aggiungiamo che la progettazione è un servizio che può essere messo a “mercato” e quindi soggetto ad un prezzo ed un costo che si legittima tanto quanto porti a buon esito (approvazione e finanziamento) e che tale servizio sia riservato a enti di 1 classe gli unici ad essere rappresentati in consulta nazionale, i presupposti per una guerra e non solo tra enti (per non dire tra i ricchi e i poveri) non mancano.
    Peccato perchè i valori della carta di impegno etico che tutti hanno firmato e che dovrebbero essere alla base del servizio civile e della condotta degli enti non trovino alcun riscontro in enti che di mestiere sono, di fatto, enti di formazione professionale o agenzie di servizio che hanno intuito nel servizio civile un nuovo mercato. Peccato che la ricchezza degli enti legati al proprio territorio non troverà più riscontro nel servizio civile perchè essere piccoli e reali non “paga” semplicemente perchè ottenere il massimo dei punti significa costruire un progetto che risponda a criteri e solo dopo, eventualmente, alla realtà. Una soluzione esiste? Ce ne sono diverse ma la sola che mi sembra coerente con la natura del servizio civile è quella di eliminare il mercato ossia ciascuno per se e stop, niente service o associazioni di associazioni finalizzate alla vendita della progettazione e della gestione e questo anche per una crescita degli enti stessi che hanno più di uno strumento a propria disposizione (vedi le centinaia di milioni di euro destinate ogni anno ai centri di servizio per il volontariato tenuti per legge n.266/91 a fornire servizi alle associazioni a costo 0 tra cui espressamente indicata nel disposto legislativo la progettazione).
    E questo solo perchè non mi sembrava di aver trovato tra i valori del servizio civile il profitto anzi, al contrario, mi sembrava che una delle condizioni per l’accreditamento degli enti fosse la loro natura statutaria di enti senza fine di lucro.

  2. Grazie del tuo contributo alla riflessione. Se per te va bene, lo riprendiamo in evidenza in home page per dargli il giusto spazio e allargare il confronto.

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