La recente operazione militare israeliana su Gaza, denominata “Protective Edge“, che ha portato – secondo alcune stime – ad oltre 2mila morti palestinesi e 60 israeliani, ha avuto ripercussioni anche sul servizio civile nazionale. Infatti come riporta un articolo di "Haaretz", per decisione del Responsabile del servizio civile nazionale, Sar-Shalom Jerbi, i giovani israeliani non potranno più scegliere l'associazione di difesa dei diritti umani B’Tselem per svolgere il servizio al posto di quello militare, perchè accusata di «agire contro lo Stato e i suoi soldati».
In Israele la leva militare è obbligatoria per tutti i giovani, uomini e donne, e non è prevista l'obiezione di coscienza, per la quale si rischia il processo e il carcere per diversi mesi. Previsto originariamente come alternativa per le donne ebree ortodosse, dal 2007 è stato istituito un servizio civile, riservato ai cittadini israeliani che non hanno obbligo di prestare il servizio militare perchè riformati, oppure ai musulmani, agli arabi cristiani e gli ebrei ultra-ortodossi, o a chi abbia già svolto il servizio militare. In una lettera al direttore di B’Tselem Hagai Elad, Jerbi ha affermato di avere preso la sua decisione nel corso della guerra a Gaza. B’Tselem, il cui nome completo è “B’Tselem: Il Centro Israeliano di informazione per i diritti umani nei Territori Occupati”, ha cercato di trasmettere [alla radio] i nomi dei bambini palestinesi morti durante i 29 giorni di guerra. «Sento il dovere di esercitare la mia autorità e interrompere l’assistenza dello Stato nei confronti di un’organizzazione che agisce contro lo Stato e i suoi soldati, che stanno letteralmente sacrificando la loro vita con estremo eroismo per assicurare il benessere e la sicurezza di tutti i cittadini di qualunque parte che patiscono da anni il lancio di razzi sulle loro case», ha scritto Jerbi. B’Tselem ha replicato che la decisione del Responsabile nazionale del servizio civile «riflette una gestione negativa del suo compito amministrativo a causa del proposito di un’impropria persecuzione politica. Si tratta dell’attacco pericoloso di un’autorità governativa a un’organizzazione per i diritti umani». «Il signor Jerbi – prosegue l'Associazione – va troppo lontano e definisce la divulgazione di informazioni sulle violazioni dei diritti umani durante il periodo bellico “tradimento”, e alimenta il clima di intolleranza che ha avvelenato la pubblica opinione in Israele». Secondo il parere di B’Tselem riportato nell'articolo, «l’importanza della grave decisione del signor Jerbi consiste nel fatto di permettere al governo di impedire l’impiego di volontari nel servizio civile nazionale da parte di qualsiasi organizzazione le cui opinioni non siano di suo gradimento».