Nel piano di sviluppo per l'inclusione attiva dei giovani, si pensa «in alcuni settori strategici individuare lavori che servono dal lato della pubblica amministrazione o del terzo settore, estendendo e allargando l'esempio positivo del servizio civile, procedendo sì ad assunzioni dirette, ma non per accendere o spegnere la luce in biblioteca, bensì per attività legate a un progetto formativo individuale». E' quanto ha proposto Tommaso Nannicini, consigliere dell'ex Premier Matteo Renzi, in una intervista al Messaggero. «La nostra è una sfida culturale – spiega Nannicini -. Dopo decenni in cui la politiche del lavoro avevano finanziato soprattutto la disoccupazione, con il Jobs Act abbiamo cambiato paradigma finanziando l'occupazione. Ebbene, di fronte a proposte come quella dei grillini volte a ottenere l'inclusione sociale attraverso strumenti meramente assistenzialistici, noi con il lavoro di cittadinanza puntiamo a finanziare ulteriormente l'occupazione».
«E' un piano multiforme – argomenta ancora Nannicini – fatto di cinque ingredienti. Il primo: mettere al centro la formazione per tutto l' arco di vita del lavoratore. Il secondo: ridurre attraverso la dote decontributiva di tre anni il costo d'ingresso dei giovani nel lavoro a tempo indeterminato. Il terzo: reinvestire con più forza sulle politiche attive che sono il vero tassello mancante del Jobs Act. Il quarto – prosegue -: rafforzare il reddito di inclusione varato dal governo Renzi che ancora non copre tutte le persone sotto la soglia di povertà assoluta. Il quinto ingrediente: in alcuni settori strategici individuare lavori che servono dal lato della pubblica amministrazione o del terzo settore, estendendo e allargando l'esempio positivo del servizio civile, procedendo sì ad assunzioni dirette, ma non per accendere o spegnere la luce in biblioteca, bensì per attività legate a un progetto formativo individuale».