Rete Italiana per il Disarmo ha diffuso ieri un comunicato in cui commenta i dati del Rapporto 2015 sulle spese militari nel mondo, diffuso dall'Istituto SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute). «Una nuova ripresa della spesa militare a livello mondiale – commenta Rete Disarmo -. E' questa la situazione suggerita dai dati pubblicati oggi dell'Istituto SIPRI di Stoccolma. Dopo tre anni di relativa stasi la crescita misurata nel 2015 si attesta circa sull'1% in termini reali. L'ammontare complessivo delle spese militari è stimato dai ricercatori svedesi in 1.676 miliardi di dollari, equivalenti al 2,3% del prodotto interno lordo mondiale. Nel complesso i primi 15 paesi di questa speciale classifica spendono per gli eserciti e le armi almeno 1.350 miliardi di dollari, equivalenti all'81% del totale. In testa alla classifica come sempre gli Stati Uniti d'America che da soli investono poco meno di 600 miliardi di dollari e contribuiscono al 36% della spesa militare complessiva (quota minore del recente passato grazie alla crescita robusta di altri Paesi). Dietro di loro la Cina, che ha visto una crescita annuale del 7,4% (complessivi 215 miliardi di dollari) e poi, superando anche la Russia, l'Arabia Saudita che ha fatto crescere la propria spesa militare del 5,7% (ad oltre 87 miliardi di dollari)».
Per quanto riguarda il nostro Paese, il SIPRI stima una spesa militare di poco inferiore ai 24 miliardi di dollari, segnalando un brusco calo nell'ultimo decennio, ponendo l'Italia al dodicesimo posto a livello mondiale (per una quota pari al'1,4% del totale). «Dati che però non devono trarre in inganno poiché, proprio a causa dei meccanismi opachi di finanziamento della spesa militare italiana che da tempo anche Rete Disarmo denuncia, probabilmente a Stoccolma non sono riusciti a valutare appieno la complessiva spesa militare italiana – commenta Francesco Vignarca, Coordinatore della Rete -. Mettendo in fila i dati ufficiali dell'ultima legge di Stabilità si raggiunge infatti un totale di 23,12 miliardi di euro corrispondenti (con cambio medio 2015 di 1,1) ad oltre 25 miliardi di dollari e non a meno di 24 miliardi come valutato dal SIPRI. Il motivo della differenza sta forse nei fondi “extra bilancio” (in particolare dalle missioni militari e dal Ministero per lo Sviluppo Economico) su cui la Difesa può contare e i cui dati non sono facilmente rintracciabili, soprattutto per quanto riguarda osservatori stranieri».