«Per la prima volta un progetto di servizio civile è esplicitamente rivolto ad una situazione di conflitto. Il progetto permetterà ai giovani di coinvolgersi in attività rivolte alla trasformazione di un conflitto con mezzi e modalità non armate e nonviolente, un tema su cui la società civile da tempo riflette ed opera e può dare il suo contributo originale». Per Nicola Lapenta, responsabile servizio civile per l’Associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII” da noi intervistato, questa è una delle novità principale del primo progetto sperimentale di servizio civile in materia di Difesa Civile Non Armata e Nonviolenta (DCNAN), messo e bando ieri e realizzato insieme a Caritas Italiana e Focsiv.
Nel dettaglio il progetto promosso dall'Unsc, che è stato approvato dal Comitato per la Dcnan nella riunione dello scorso 30 agosto e che vedrà il coinvolgimento di 6 giovani, avrà al centro il tema della riconciliazione nel fenomeno delle vendette di sangue in Albania. Questa è una pratica che deriva dal codice consuetudinario conosciuto come “Kanun”, che, tra i diversi aspetti, regola anche la tutela dell’onore, con la possibilità, per chi ha subito l’uccisione di un parente, di ricorrere alla vendetta sui maschi della famiglia allargata dell’omicida fino alla terza generazione. «L’Albania, dove siamo già attivi da tempo – precisa Lapenta -, ci sembrava il luogo migliore dove iniziare a sperimentare delle buone prassi circa l’intervento di gestione nonviolenta del conflitto. Le attività dei ragazzi si svilupperanno in particolare su tre filoni. Il primo riguarderà la costruzione di percorsi orientati alla riconciliazione, che passano dal rilevare i bisogni delle persone sul posto e dal rispondere ad essi, per costruire una rete di fiducia con le famiglie. Il secondo è l’approfondimento del fenomeno delle “vendette di sangue” attraverso una ricerca, ma anche una prima modellizzazione dell’intervento nonviolento. Infine ci sarà il coinvolgimento e la sensibilizzazione della società civile e delle Istituzioni, sia albanesi che italiane, su questo problema, con un ruolo di “antenna” da parte dei giovani».
Per il Responsabile del servizio civile della “Papa Giovanni XXIII” l’obiettivo di questo lavoro, portato avanti insieme per la prima volta in coprogettazione nazionale con Focsiv e Caritas Italiana, è di arrivare ad offrire un contributo, anche se minimo, alla teorizzazione di pratiche di difesa civile non armata e nonviolenta. Nel percorso infatti, che prevede anche un mese iniziale in Italia di formazione ed esperienza sul campo, i giovani volontari saranno affiancati da un gruppo di esperti, per arrivare a realizzare uno prodotto finale di sintesi sull’intera esperienza, da diffondere e pubblicizzare. «Dal progetto – ci dice Lapenta – ci aspettiamo di riuscire a contribuire alla definizione di un modello di intervento concreto sul campo. È un primo esperimento nel servizio civile, ma siamo fiduciosi».
Infine un invito ai giovani che vorranno candidarsi: «Venite con il desiderio di fare un esperienza di valore, nel conflitto ma per sperimentare la nonviolenza, ed abbiate disponibilità a mettervi in gioco in gruppo, anche in una situazione di precarietà come quella albanese. Non sarà infatti un’esperienza staccata dalla realtà, bensì che interagisce con essa. Vivrete un anno di servizio civile inteso nelle sue finalità prime, nella “difesa della Patria con mezzi ed attività non militari”, della quale i conflitti sono un teatro di esercizio e costruzione.